In Calabria, la crisi idrica non è solo dovuta alle dighe mai entrate in funzione, ma anche alla rete idrica che disperde gran parte delle risorse prima che l’acqua raggiunga le case. Secondo uno studio della Cgia di Mestre, pubblicato ieri, in Italia, ogni 100 litri di acqua immessa nella rete per usi civili, ne arrivano agli utenti finali meno di 58; i restanti 42 (3,4 miliardi di metri cubi) si perdono lungo una rete spesso datata e in cattivo stato.
La Basilicata detiene il record nazionale di dispersione con il 65,5%, ma la Calabria non è da meno con un preoccupante 48,7%. Cosenza è la città calabrese con la maggiore dispersione: il 66,5% (su 754 litri pro capite al giorno immessi nella rete, ne spariscono 501). Seguono Vibo Valentia col 65% (su 512 litri se ne perdono 333) e Reggio Calabria con il 57,4% (su 583 litri ben 335 si perdono per strada). A Crotone, la media di dispersione è del 53,5% e a Catanzaro (l’unico capoluogo sotto il 50%) del 42,9%.
La città più virtuosa d’Italia, Como, ha una percentuale di dispersione del 9,2%, un dato che evidenzia l’enorme differenza rispetto alla Calabria. La Cgia di Mestre spiega che la dispersione è dovuta a diversi fattori: rotture nelle condotte, impianti obsoleti, errori di misurazione dei contatori e usi non autorizzati (allacci abusivi). In Calabria, questi problemi rappresentano la normalità.
La crisi idrica in Calabria, quindi, non è solo una questione di scarsità di risorse, ma anche di inefficienza gestionale e infrastrutturale. Gli investimenti necessari per ammodernare la rete e ridurre le perdite sono ingenti, ma indispensabili per garantire un servizio adeguato alla popolazione.