La Sanità calabrese tra vuoti e paradossi: 1.625 dipendenti non impiegati in corsia

Un report diffuso da Tavernise del M5S rivela un vasto numero di professionisti impiegati in ruoli non sanitari, mentre le strutture sanitarie lottano con carenze di personale

La sanità calabrese, come spesso sottolineato, sembra galleggiare tra incompiute e paradossi, con il sistema sanitario regionale che continua a essere segnato da una gestione a dir poco sfilacciata. Le strutture ospedaliere, i poliambulatori e le strutture assistenziali territoriali soffrono da anni di gravi carenze di personale, ma un recente report del Movimento 5 Stelle ha sollevato un inquietante quesito: se da un lato mancano professionisti nelle corsie, dall’altro ci sarebbero numerosi medici, infermieri e altri operatori sanitari impiegati in ruoli lontani da quelli per cui sono stati assunti.

Secondo l’indagine, 23 medici, 56 infermieri, 10 OSS, 10 tecnici sanitari, e persino figure come un fisioterapista, una puericultrice e due ausiliari sarebbero stati trasferiti a compiti amministrativi, ben lontani dalle loro funzioni sanitarie originarie. La situazione appare ancora più preoccupante se si considera che 1.472 dipendenti sono stati dichiarati inidonei o hanno prescrizioni limitanti che compromettono il loro lavoro nelle strutture sanitarie. In totale, 1.625 dipendenti non potrebbero essere effettivamente impiegati nella gestione della salute dei cittadini calabresi, ma sono comunque presenti all’interno del sistema sanitario regionale.

Questa inadeguatezza nella gestione delle risorse umane è stata denunciata con forza dal capogruppo del M5S, Davide Tavernise, che ha affermato: «Le corsie sono vuote e gli uffici pieni». Secondo Tavernise, la causa di questo squilibrio risiederebbe in una gestione inefficiente delle risorse da parte delle Asp e delle Aziende ospedaliere calabresi, che avrebbero privilegiato una gestione burocratica e amministrativa a discapito dell’efficienza dei servizi sanitari sul territorio.

Un esempio lampante riguarda il caso delle due ostetriche, le cui mansioni non riguardano più il parto, ma si sono trasferite a compiti amministrativi, così come quello di un autista dell’Asp di Cosenza, che ora si occupa di attività non sanitarie. Questo tipo di “spostamento” di personale, definito nel report come “personale sanitario imboscato”, rispecchia una realtà che vede molteplici professionisti svolgere attività che nulla hanno a che fare con le loro qualifiche sanitarie.

Il report del M5S, che ha ricostruito dettagliatamente la situazione, non copre però la totalità del personale sanitario delle Aziende calabresi. Questo significa che i numeri potrebbero essere anche più elevati di quanto emerso. La rivelazione, che aggiorna le informazioni già presentate nel “libro nero” della sanità calabrese, ha suscitato preoccupazione e indignazione tra i cittadini e le forze politiche locali.

L’Azienda sanitaria di Cosenza ha confermato, nel suo report, che 31 dipendenti, tra cui 3 medici e 24 infermieri, sono stati spostati nel settore amministrativo, e che 244 infermieri presentano idoneità con prescrizioni limitate. Tuttavia, l’Asp sta provvedendo a verifiche amministrative e sanitarie per accertare se le condizioni che giustificano questi cambiamenti siano ancora valide. Se alcuni dipendenti risultassero non più idonei, saranno ricollocati immediatamente. La stessa azienda sta lavorando anche per applicare cambi di profilo professionale per coloro che sono permanentemente inidonei a svolgere le mansioni originarie.

Nel frattempo, le criticità della sanità calabrese restano sotto gli occhi di tutti, con le liste d’attesa che si allungano e la difficoltà di riaprire le guardie mediche e assumere nuovi medici per rafforzare i servizi di emergenza-urgenza. In un sistema che sembra continuamente affondare tra burocrazia e inefficienza, la regione continua a fare affidamento su professionisti esteri per tamponare le gravi carenze.

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