Sul filo di lana, è stato confermato il prolungamento per altri 12 mesi dei contratti dei tirocinanti impiegati nelle sedi periferiche dei Ministeri della Giustizia, Cultura e Istruzione. La proroga, prevista da un emendamento inserito nell’ultima legge di Bilancio, riguarda circa mille lavoratori, di cui 900 in Calabria, impiegati nelle regioni dell’Obiettivo europeo “Convergenza”: Calabria, Campania, Sicilia e Puglia.
Il rinnovo prevede un contratto part-time da 18 ore settimanali e sarà attuato in fasi diverse. I primi a riprendere il servizio saranno i lavoratori del Ministero della Cultura, con avvio il 1° marzo. A seguire, il 5 marzo , sarà la volta dei tirocinanti del Ministero della Giustizia, mentre per quelli del Ministero dell’Istruzione la proroga scatterà a maggio.
In particolare, i dipendenti del Ministero della Cultura comunitario nel territorio dove il dicastero hanno incontrato notevoli difficoltà nel reperire personale. Questo problema è stato evidenziato anche dai recenti concorsi pubblici, ricevute da numerose rinunce nelle regioni meno attraenti. La proroga non risolve definitivamente la questione occupazionale, ma rappresenta un provvedimento temporaneo in attesa di soluzioni più stabili da parte delle istituzioni.
Gli ex Lsu-Lpu annunciano proteste
Mentre i tirocinanti vedono garantita una continuità lavorativa, un altro fronte di precari storici , quello degli ex Lsu-Lpu legati al sindacato Usb, manifesta insoddisfazione. L’Usb ha annunciato una mobilitazione per il 7 marzo davanti alla Cittadella regionale, denunciando il mancato rispetto degli impegni assunti dalla Regione Calabria.
Il sindacato accusa il presidente Roberto Occhiuto di non aver mantenuto la promessa di un incontro con i rappresentanti dei lavoratori, nonostante le dichiarazioni rilasciate lo scorso gennaio in una trasmissione televisiva. La protesta nasce dalla mancata stabilizzazione di molti ex Lsu-Lpu, ancora vincolati a contratti part-time, nonostante la necessità di personale nei comuni calabresi.
L’Usb sottolinea inoltre una questione previdenziale: molti di questi lavoratori, attivi per oltre 20 anni senza copertura contributiva, si trovano oggi a ricevere pensioni insufficienti. Il sindacato chiede un riconoscimento degli anni di servizio e la trasformazione di tutti i contratti in tempo pieno, esortando la politica a prendere una decisione definitiva per garantire dignità a questi lavoratori.